27.11.2025 – Legambiente: no a nuovi condoni! Lo Stato si impegni per una stagione di legalità attraverso la demolizione del patrimonio immobiliare abusivo. Legambiente e ANCI Sicilia lanciano un appello all’ARS per il rifinanziamento del fondo regionale per le demolizioni
- data Novembre 27, 2025
- autore ufficiostampa
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Una classe politica responsabile deve smettere di occuparsi di condoni edilizi e impegnare ogni sforzo per ripristinare legalità, sicurezza e bellezza nei luoghi martoriati dallo sfregio di decenni di anarchia urbanistica. Strizzare l’occhio agli elettori abusivi con la promessa di nuove sanatorie ancora oggi, nel 2025, è semplicemente inaccettabile e anacronistico. Anche solo ipotizzare un futuro condono edilizio produce inesorabilmente l’insorgere di nuovo abusivismo. Serve un piano nazionale che coinvolga tutte le istituzioni, dai Comuni allo Stato, e servono le risorse economiche per affrontare un grande intervento di riqualificazione dei territori violati attraverso la demolizione degli immobili illegali.
E’ questa la base delle proposte di Legambiente avanzate oggi a Carini, comune in provincia di Palermo che in pochi anni ha abbattuto oltre trecento case abusive sul lungomare, in occasione del convegno dal titolo “Lotta all’abusivismo edilizio: una priorità per il Paese. Più risorse per la demolizione degli immobili illegali: proposte per la legge di Bilancio nazionale e quella della Regione Sicilia”, organizzato in collaborazione con il Comune di Carini nell’ambito della “Carovana per un’economia di pace promossa da Sbilanciamoci e dalla Rete per la pace e il disarmo”. Al centro del dibattito, la presentazione di due emendamenti alle manovre di bilancio, nazionale e regionale, proposti da Legambiente, per rifinanziare i fondi per le demolizioni.
All’incontro hanno partecipato Giovì Monteleone (Sindaco Comune di Carini), Tommaso Castronovo (Presidente Legambiente Sicilia), Laura Biffi (Osservatorio nazionale Ambiente e Legalità Legambiente), Alessandro Messina (Campagna Sbilanciamoci) Giuseppe Vitale (Urbanista), Calogero Beringheli (Dirigente Generale Dipartimento Ambiente Regione Siciliana), Antonio Rini (Vicepresidente Anci Sicilia) e Mimmo Fontana (Responsabile nazionale Rigenerazione urbana Legambiente).
Secondo i dati dell’ultimo Rapporto Ecomafia di Legambiente anche nel 2024, il mattone fuorilegge ha segnato il record di reati contestati: con un aumento del 4,7% rispetto al 2023, il ciclo illegale del cemento si conferma il settore dell’economia ecocriminale più attivo. Cave illegali, lavoro nero nei cantieri, filiera degli appalti sporchi, ma soprattutto abusivismo edilizio, valgono 1/3 di tutti i reati ambientali compiuti in Italia: 13.621 reati, una media, impressionante, di 37 reati al giorno.
Parliamo di un fenomeno ancora drammaticamente presente, specialmente nelle regioni del Centro e del Sud Italia, che non arretra, anche e soprattutto, a causa dell’esiguo numero di abbattimenti. Se l’edilizia illegale continua a crescere, infatti, è anche perché non si interviene con le demolizioni, alimentando – di fatto – un clima di sostanziale impunità.
I dati elaborati dall’Istat nel Rapporto sul Benessere equo e sostenibile, relativi al 2022, segnalano per la prima volta un’impennata del nuovo abusivismo del 9,1%. La situazione nel Mezzogiorno viene definita “insostenibile” (oltre 48 immobili illegali costruiti ogni 100 in regola), con gravi conseguenze ambientali e forti ripercussioni sulle imprese che operano correttamente sul mercato edilizio.
Dallo studio di Legambiente “Abbatti l’abuso. I numeri delle (mancate) demolizioni nei comuni italiani”, nelle cinque regioni più colpite dall’abusivismo – Lazio, Campania, Puglia, Calabria e Sicilia – risulta che il rapporto tra ordinanze di demolizione emesse ed eseguite tra il 2004, anno successivo all’ultimo condono edilizio, e il 2022 supera di poco il 15%. Un dato che in Sicilia è poco sopra la media delle cinque regioni, pur sempre un misero 19,2%. Fanalino di coda è la Calabria, dove il rapporto tra ordinanze e demolizioni è al 9,6%. La Campania ha il record negativo per numero di ordinanze emesse in rapporto alla popolazione: in vent’anni è stata emessa un’ordinanza di abbattimento ogni 236,6 abitanti. Su scala provinciale, i comuni della Provincia di Rieti sono i più “virtuosi”, con il 41,8% di esecuzioni. Seguiti da quelli della provincia di Agrigento, con il 33%. In coda alla classifica Palermo, con il 21%, e Trapani, con il 20,6%.
Altra nota dolente, che accompagna il basso tasso di demolizioni, è la mancata trascrizione degli edifici abusivi nella proprietà immobiliare pubblica. Solo il 5,6% di quelli colpiti da ordine di demolizione risulta formalmente acquisito dai Comuni (la Sicilia va un po’ meglio delle altre quattro regioni, con il 12,5%, e i comuni della provincia di Siracusa si distinguono con il 56,6%), un dato molto significativo, considerando che la legge prevede proprio il passaggio di proprietà in caso di inerzia da parte dei proprietari.
“E’ del tutto evidente come si sia di fronte a un fenomeno che si fatica a debellare e che necessita della massima collaborazione tra tutte le istituzioni – ha spiegato Tommaso Castronovo presidente di Legambiente Sicilia -. I Comuni devono procedere con maggiore rigore e senza alibi, a maggior ragione dopo la recente sentenza della Corte Costituzionale sulla legittimità dell’art.15 della Legge regionale 78/1976, con le demolizioni programmate, la Regione e lo Stato devono mettere a disposizione le risorse economiche. Per questo, con Anci Sicilia, abbiamo sottoscritto un appello ai deputati dell’ARS perché votino l’emendamento sul rifinanziamento del Fondo per le demolizioni. Ribadiamo anche la necessità di una maggiore responsabilità delle istituzioni nazionali sul fronte del vecchio abusivismo mettendo in campo le prefetture, così come previsto dalla legge”.
Accanto alla richiesta di un maggiore impegno economico per rimediare a decenni di deregulation edilizia, infatti, Legambiente chiede da oltre quattro anni che il Parlamento risolva il cortocircuito che ha messo in stallo l’art.10bis della Legge 120/2020, se necessario, anche con un nuovo intervento legislativo. Approvata nel settembre del 2020, la norma prevede l’intervento dello Stato, nella figura delle sue diramazioni territoriali, ossia gli uffici dei prefetti, laddove i Comuni non hanno saputo o potuto intervenire, in modo particolare sul vecchio abusivismo, oggetto di ordinanze di demolizione molto datate e mai eseguite. Purtroppo, una circolare interpretativa del Ministero degli interni ha finora fermato la sua applicazione, restringendola ai soli abusi accertati dopo il 2020.
“Il tema dell’abusivismo torna sotto i riflettori per l’intenzione del governo di riproporre il condono edilizio. Al di là dei contenuti della proposta di legge – ha dichiarato Giovì Monteleone, sindaco di Carini – questa incoraggia l’idea che si possa continuare ad abusare del territorio tanto, prima o poi, un perdono arriva sempre. Quarant’anni di condoni hanno comportato danni irreversibili al fragile equilibrio del territorio italiano e messo in difficoltà i comuni che non hanno potuto realizzare opere di urbanizzazioni adeguate per recuperare interi agglomerati abusivi realizzati per renderli vivibili e a misura d’uomo”.
Per queste ragioni, al posto di avanzare l’idea di nuovi condoni, più o meno espliciti, Legambiente chiede al Governo nazionale di impegnare nuove risorse per rimpinguare il Fondo di rotazione per la demolizione delle opere abusive (FDOA) istituito in seno alla Cassa depositi e prestiti, con 100 milioni di euro, e il Fondo per l’integrazione delle risorse necessarie alla demolizione delle opere abusive del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, con 50 milioni di euro all’anno per gli anni 2026, 2027 e 2028, che hanno entrambi esaurito i finanziamenti disponibili. Nella stessa proposta, si chiede inoltre di ampliare la platea dei soggetti ammessi alle disponibilità dei fondi: oltre ai Comuni, le Prefetture, le Procure della repubblica e le Procure generali.
Con lo stesso obiettivo, l’associazione ha chiesto anche alla Regione Siciliana di rifinanziare il Fondo regionale di rotazione per le demolizioni, istituito dall’art. 71 della legge regionale 15 aprile 2021, n.9 per l’esercizio finanziario 2026 con una somma pari a 5 milioni di euro, sufficiente a garantire la demolizione di almeno 180 immobili di medie dimensioni e il relativo ripristino dei luoghi.





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